Il 4 marzo 2018 saremo chiamati a votare secondo il sistema misto – proporzionale (36%) e maggioritario (64%) – introdotto dal cd. Rosatellum bis, la nuova legge elettorale (n. 165/2017), approvata lo scorso novembre. Il Rosatellum bis ha sostituito l’Italicum (che era valido solo per la Camera), nonché la legge Calderoli (che era in vigore per il Senato), entrambe dichiarate parzialmente incostituzionali da parte della Consulta.

Il Rosatellum bis prevede l’elezione di un terzo di deputati e senatori in collegi uninominali e di due terzi con un sistema proporzionale di lista.

Segnatamente, alla Camera i 630 seggi saranno così assegnati: 232 collegi uninominali, 386 in piccoli collegi plurinominali e 12 nella circoscrizione estero.

Al Senato i 315 seggi si divideranno invece nel seguente modo: 116 in collegi uninominali, 193 in piccoli collegi plurinominali e 6 nella circoscrizione estero.

Analogamente a quanto previsto nel Mattarellum, i candidati più votati in ogni collegio uninominale alla Camera e al Senato otterranno direttamente il proprio seggio, anche con un solo voto più del loro diretto avversario. Si tratta della trasposizione nel nostro ordinamento della regola anglosassone del first past the post (conosciuta anche come the winner takes all).

La soglia di sbarramento nella quota proporzionale è fissata al 3% su base nazionale, sia al Senato che alla Camera, con l’eccezione delle liste relative alle minoranze linguistiche per le quali essa è al 20%. Inoltre, è prevista anche una soglia minima del 10% per le coalizioni.

Il Senato sarà eletto su base regionale e quindi la ripartizione dei seggi sarà meno dipendente dal totale nazionale dei voti, fermo restando che le soglie del 3% e del 10% si calcoleranno comunque su base nazionale.

Ogni collegio plurinominale, formato dall’accorpamento di più collegi uninominali, non eleggerà in nessun caso più di 8 deputati. Nei singoli collegi plurinominali le liste sono bloccate con i nomi dei candidati già tutti scritti sulla scheda elettorale. La scheda elettorale sarà unica (una per la Camera e una per il Senato, molto simili) e su di essa l’elettore esprimerà il voto sia per la parte maggioritaria che per la quota proporzionale. Sotto ad ogni candidato nel maggioritario ci saranno i simboli delle liste a lui collegate nel proporzionale e, accanto al simbolo delle liste, saranno stampati i nomi dei candidati del corrispondente listino bloccato. Novità rilevante è che non sarà ammesso il voto disgiunto, ovvero non si potrà indicare una lista e, contemporaneamente, un candidato al collegio uninominale sostenuto da un altro simbolo o da un’altra coalizione.

Si potrà votare:

  1. con un segno su una lista (che vale anche per il candidato corrispondente);
  2. con un segno sul nome di un candidato nell’uninominale. In tal caso, se il candidato è sostenuto da più liste, il voto viene distribuito tra le liste che lo sostengono proporzionalmente ai risultati in quel collegio elettorale;
  3. con doppio segno su un candidato e sulla lista corrispondente.

È previsto che un candidato possa presentarsi in un collegio uninominale e in più collegi plurinominali, fino a un massimo di cinque. In caso di elezione in più collegi però scompare la libertà di scelta dell’eletto: se il candidato risulta eletto sia con l’uninominale che con il proporzionale, gli sarà assegnato il seggio uninominale; se il candidato risulta eletto in più di un collegio plurinominale, gli sarà assegnato il seggio corrispondente al collegio in cui la lista ha preso una percentuale minore di voti.

Ciascuno dei due sessi non potrà rappresentare più del 60% dei candidati di un listino bloccato, né più del 60% dei capilista nei listini di un singolo partito. Tradotto in termini pratici, ciò significa che nei collegi plurinominali con due seggi da assegnare, i candidati del listino dovranno essere un uomo e una donna; con tre seggi, due uomini e una donna o due donne e un uomo; con quattro seggi, fino a tre uomini e una donna (o l’inverso) e così via.

Va, infine, segnalato che la nuova legge elettorale, da molti già definita ostica, aggiunge un’ulteriore “complicazione” nell’espressione del voto da parte dei cittadini. Si tratta del cd. “tagliando antifrode”, un apposito tagliando rimovibile, dotato di codice progressivo alfanumerico univoco generato in serie, che sarà rimosso e conservato dagli uffici elettorali prima dell’inserimento della scheda nell’urna. Al momento della riconsegna della scheda gli scrutatori controlleranno che il numero segnato e quello del tagliando sia uguale (impedendo quindi lo scambio con schede pre-votate) e solo allora, prima di inserire la scheda nell’urna, toglieranno il tagliando antifrode, rendendo la scheda così anonima e non tracciabile.